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TAV, “Impatti limitati per la Svizzera”

Una veduta della galleria ferroviaria di base del San Gottardo.
L'eventuale stop della Torino-Lione avrebbe effetti limitati sul traffico merci attraverso le Alpi svizzere. Keystone

In questi giorni è attesa la consegna dell’analisi costi-benefici del gruppo di esperti incaricato dal ministero dei trasporti sulla controversa nuova linea Torino-Lione.


La questione è fonte di attriti anche all’interno del governo dove i rappresentanti leghisti, sensibili alle rivendicazioni dei ceti produttivi del Nord, contestano la posizione intransigente pentastellata, evidenziando l’alto prezzo da pagare per l’Italia in caso di disimpegno. In questo caso, secondo alcune stime la fattura per Roma sarebbe di 2 miliardi, al netto delle eventuali penali.

I numeri del progetto

Il cuore della Tav, opera inserita nel Corridoio 5 che unisce Lisbona e Kiev, è il tunnel di base del Moncenisio di 57,5 chilometri (45 in territorio italiano e 12,5 in quello francese), richiede un investimento di 8,6 miliardi di euro, coperto per il 40% dall’Ue e per la parte restante da Italia (35%) e Francia (25%). Il progetto si trova in fase esecutiva, diversi interventi preparatori sono stati ultimati, 25 chilometri di cunicoli sono già stati realizzati ma lo stop del governo italiano ha bloccato nelle scorse settimane l’appalto da 2 miliardi per lo scavo vero e proprio del tunnel a due canne in cui transiteranno i treni merci ad alta velocità da 750 metri e 2’000 tonnellate, analoghi a quelli che dal giugno 2016 transitano sotto il San Gottardo.

Il documento della commissione di esperti presieduta dall’economista Marco Ponti dovrebbe contribuire a fare chiarezza sulla sostenibilità economica della nuova linea di pianura attraverso le Alpi ma sui giudizi tecnici rischieranno di pesare considerazioni politiche. “È verosimile che i benefici non coprano i costi”, sottolinea Remigio Ratti, professore di Economia e istituzioni all’Università della Svizzera italiana ed esperto dei trasporti (vedi il video allegato). Ma allo stesso tempo l’ex consigliere nazionale democristiano invita ad utilizzare con estrema prudenza le risultanze dei tecnici per una decisione che alla fine deve essere politica.


Dalla strada alla rotaia

Al di là però delle valutazioni quantitative la questione investe le strategie fondamentali della politica dei trasporti europea e dei paesi vicini, come la Svizzera dove dagli anni ’90 si è imboccata con decisione la via del trasferimento delle merci dalla gomma alla rotaia, attraverso la realizzazione dei tunnel di base del Loetschberg (2007), del San Gottardo (2016) e a fine 2020, del Monteceneri. Il risultato è stato che attualmente il 70% delle merci lungo le Alpi è veicolato dai treni mentre in Italia il 90% di quest’attività avviene su camion. La battaglia ambientalista favorevole al trasporto ferroviario, recepita anche a seguito di votazioni popolari e rilanciata dalle autorità federali, non è conclusa.

L’obiettivo di ridurre a 650’000 transiti annui di veicoli pesanti attraverso le Alpi è stato più volte procrastinato, anche se il calo dall’anno 2000 (1,4 milioni di camion) ad oggi è evidente (950’000 nel 2017). Ma l’esito finale, osserva sempre Remigio Ratti, non è affatto scontato per i progressi tecnologici degli autocarri di ultima generazione che stanno rendendo competitivo il trasporto su strada e quando sarà completata con il Ceneri tutta la linea nord-sud termineranno le sovvenzioni pubbliche al trasporto su rotaia.

Impatto limitato in Svizzera

La politica portata avanti nella Confederazione, favorevole alla realizzazioni di importanti e costose infrastrutture ferroviarie allo scopo di promuovere il trasferimento delle merci dalla gomma alla rotaia, sembra agli antipodi rispetto alle battaglie portate avanti dagli oppositori della Tav, tra le cui file vi sono numerose associazioni ambientaliste.

E ci si potrebbe interrogare sull’impatto che l’eventuale mancata realizzazione della Torino-Lione potrebbe avere sul sistema dei trasporti lungo le Alpi svizzere. In realtà “l’impatto c’è già stato”, indica l’economista ticinese, in occasione degli interventi di risanamento sulla vecchia linea del Fréjus nello scorso decennio che ha comportato una diminuzione del traffico lungo quella direttrice e buona parte di quel traffico, precisa, è andato verso la Svizzera. In ogni caso, precisa Remigio Ratti, l’eventuale incremento delle merci sarebbe determinato dal possibile sviluppo di Genova e degli altri porti liguri piuttosto che da uno stop del progetto TAV.          

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