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Raggiunto compromesso per indennizzo frontalieri in disoccupazione

Svizzera-Ue - Raggiunto compromesso per indennizzo frontalieri in disoccupazione (foto simbolica) KEYSTONE/MARTIN RUETSCHI sda-ats

(Keystone-ATS) Le istituzioni dell’Unione europea a Bruxelles hanno trovato un compromesso, seppur fragile, sui punti più controversi relativi al coordinamento dei servizi di sicurezza sociale.

In fase di riforma da tempo, il regolamento costringerebbe la Confederazione a versare le indennità ai lavoratori frontalieri in disoccupazione. Parlamento europeo e Stati membri dell’UE dovranno però ancora accettarlo.

Attualmente è il Paese di residenza a pagare le prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione. Stando al nuovo sistema, questo onere spetterebbe allo Stato in cui la persona lavora, ma solo a partire dal sesto mese.

Il Parlamento europeo voleva lasciare ai lavoratori frontalieri – che hanno lavorato almeno un mese in un altro Stato – il compito di decidere in quale nazione registrarsi in qualità di disoccupato, ovvero da quale Paese ricevere le relative indennità.

La commissione e il parlamento dell’Ue hanno inoltre deciso che le indennità di disoccupazione possono essere “esportate” per 15 mesi, nel caso in cui una persona sia disoccupata in un paese dell’Ue – ma anche Svizzera, Liechtenstein, Islanda e Norvegia – e desideri trasferirsi in un altro paese dell’Ue per cercare lavoro. Questa nuova “regola” non si applica solo ai lavoratori frontalieri, ma a tutti i cittadini dell’Ue.

Un cittadino dell’Ue disoccupato può dunque cercare lavoro in un altro paese di questa zona per 15 mesi, ricevendo comunque l’indennità di disoccupazione dello Stato in cui ha lavorato per l’ultima volta.

Gli esperti ritengono “molto fragile” il compromesso raggiunto a Bruxelles: non è infatti certo che alla fine sia il Parlamento europeo, che gli Stati membri dell’Ue lo accetteranno.

Per la Svizzera il compromesso raggiunto a Bruxelles non è una buona notizia: con circa 320’000 frontalieri, Berna vedrebbe la sua fattura salire di parecchi milioni di franchi, aveva spiegato la scorsa estate la vicedirettrice della Segreteria di Stato della migrazione (SEM) Cornelia Lüthy.

Attualmente la Svizzera non è tenuta ad accettare tali adeguamenti. La Confederazione parte però dal presupposto che “l’Ue e i suoi Stati membri chiederanno alla Svizzera di adottare questo sviluppo giuridico”, indipendentemente da un accordo quadro istituzionale.

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