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Radicalizzazione jihadista in calo, servono strutture nelle carceri

La moschea An'Nur (la Luce), ora chiusa, era considerata un luogo di radicalizzazione islamica (foto d'archivio). KEYSTONE/WALTER BIERI sda-ats

(Keystone-ATS) Il numero di giovani partiti dalla Svizzera per la jihad ha subito un forte calo dal 2016. Il pericolo legato alle persone radicalizzate tuttavia rimane. Uno studio di un’alta scuola zurighese chiede di creare appositi centri di competenza nelle carceri svizzere.

L’Alta scuola zurighese di scienze applicate (ZHAW) ha pubblicato oggi i dati aggiornati ed ampliati di uno studio realizzato nel 2015 su “I retroscena della radicalizzazione jihadista in Svizzera”. L’analisi si basa sulle informazioni fornite dal SIC, il servizio di intelligence della Confederazione, ed è stata completata con interviste a diversi addetti ai lavori.

In base allo studio, in Svizzera la radicalizzazione jihadista colpisce soprattutto giovani con un basso livello di istruzione e una bassa integrazione lavorativa, alcuni dei quali sono confrontati a problemi sociali e psicologici e hanno avuto un passato criminale.

A livello europeo, la Svizzera ha percentualmente più jihadisti dell’Italia e meno della Germania rispetto alla popolazione totale. La Confederazione è tuttavia meno toccata dalla radicalizzazione islamica rispetto a Paesi come la Francia, il Belgio o l’Austria.

La radicalizzazione jihadista ha conseguenze anche sul sistema penitenziario, che deve prepararsi ad “affrontare le sfide legate ai detenuti radicalizzati”, anche se il loro numero è esiguo. Lo studio suggerisce, ad esempio, di offrire al personale carcerario corsi di specializzazione sulle “conoscenze di base e le competenze necessarie per affrontare con attenzione e professionalità le persone radicalizzate”.

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