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Coronavirus: cade tabù, dai musei Usa ok alla vendita di opere

Persino il prestigioso Metropolitan Museum di New York fa i conti con perdite per 150 milioni di dollari. KEYSTONE/AP/Bebeto Matthews sda-ats

(Keystone-ATS) Il coronavirus sta svuotando le casse dei musei statunitensi.

Se una “corazzata” come il Metropolitan prevede un “buco” di 150 milioni di dollari (circa 146 milioni di franchi) di qui a quando, sia pure a piccoli passi, sarà possibile riammettere il pubblico nelle gallerie, le cose si stanno mettendo male per molte delle istituzioni culturali più fragili, al punto che la potente Association of Art Museum Directors per la prima volta nella sua storia ha dato luce verde alla vendita di opere nelle collezioni per sostenere bilanci in profondo rosso.

Finora l’associazione, nel cui board sono rappresentati direttori di musei nordamericani, era stata irremovibile nel condannare le deaccessioni anche nel caso in cui le opere fossero doppioni o attribuite ad artisti minori o condannate a raccogliere polvere nei magazzini. L’unica eccezione ammessa era vendere per comprare arte, come di recente ha fatto il Museo d’Arte di Baltimora che si è liberato di quadri di artisti maschi bianchi per acquistarne altri dipinti da donne e minoranze.

Musei che avessero osato ignorare le linee guida, come fece nel 2018 il Berkshire Museum in Massachusetts per finanziare lavori di restauro, venivano criticati e svergognati pubblicamente. La pandemia ha cambiato le carte in tavola. È ancora difficile valutare l’impatto della nuova politica e se il mercato sarà pronto ad assorbire l’offerta, ma l’impensabile si è avverato: l’ipotesi di vendere un Monet per colmare bilanci in caduta libera non è più tabù.

È da metà marzo, da quando il virus ha costretto i musei degli Usa alla serrata, che le preoccupazioni finanziarie sono in testa all’agenda degli amministratori. Non sono solo i mancati introiti dei biglietti invenduti a pesare sul futuro delle istituzioni, ma anche la crisi di Wall Street che ha fatto precipitare al ribasso gli endownment e le campagne di raccolta fondi improvvisamente in battuta d’arresto.

Le nuove linee guida prevedono che “ogni museo che decida di usare capitali o donazioni vincolate per spese operative generali” non sarà più sanzionato. L’Associazione prevede inoltre che musei possano “usare fondi derivati dalla vendita di opere d’arte a sostegno della manutenzione delle loro collezioni”.

Le nuove misure sono temporanee “e non sono intese a incentivare la vendita di arte”: solo il futuro rivelerà se l’effetto sarà esattamente questo, anche perché c’è una tensione intrinseca nella decisione di un museo di raccogliere fondi attingendo alle sue raccolte: per giustificare la vendita dovrà sminuirne l’importanza, per poi tornarne a decantarne i pregi per giocare al rialzo una volta sul mercato.

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