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Aviazione d’affari, il futuro è incerto in Svizzera

L'aviazione d'affari rappresenta un comparto importante anche ad Agno. KEYSTONE/TI-PRESS/ALESSANDRO CRINARI sda-ats

(Keystone-ATS) L’aviazione d’affari – il trasporto di passeggeri a scopo commerciale con aerei non di linea – potrebbe approfittare a corto termine della riduzione dei voli regolari, ma solo se i paesi torneranno a garantire l’accesso libero al loro spazio aereo e terrestre.

Inoltre, in Svizzera il settore deve fare i conti con l’elevato livello dei prezzi.

Interpellata dall’agenzia Awp, Helene Niedhart – presidente e direttrice dell’operatore zurighese Cat Aviation, nonché presidente del consiglio di amministrazione dell’Associazione svizzera dell’aviazione d’affari (SBAA) ed esponente della EBAA, l’analoga organizzazione di livello europeo – si mostra prudente riguardo all’evoluzione in atto.

Certo i business jet vengono utilizzati quando i collegamenti regolari non sono buoni, quando è necessario viaggiare in paesi particolarmente critici a livello di sicurezza o nel caso in cui il tempo a disposizione è limitato. Ma la pressione tariffaria in Svizzera è enorme: il comparto non riesce più a stare al passo con l’offerta di paesi a basso costo come Polonia, Bulgaria o Kosovo, che pagano ai loro piloti stipendi che vanno dai 1500 ai 3000 euro.

La Svizzera è discriminata anche rispetto all’Unione europea, tra l’altro per quanto riguarda le regole sul cabotaggio (collegamenti interni). Eppure – sottolinea Niedhart – l’aviazione d’affari rappresenta una parte significativa dell’aviazione svizzera. Ginevra, in particolare, si colloca al primo posto nel paese e al terzo a livello europeo.

Quale nazione esportatrice la Svizzera ha un numero di multinazionali pro capite di cinque volte superiore a quello di qualsiasi altro stato dell’Ue. Questo favorisce il settore dell’aviazione d’affari, che ha un organico di 34’000 posti di lavoro diretti e indiretti. Secondo uno studio internazionale il ramo genera un valore aggiunto nella Confederazione equivalente a 14,6 miliardi di euro.

“Al momento siamo preoccupati per un atto parlamentare che propone l’imposizione di una tassa climatica compresa tra i 500 e i 5000 franchi per ogni partenza dalla Svizzera, a seconda delle dimensioni del velivolo”, si lamenta la presidente della SBAA. “Questo balzello estremamente elevato è sproporzionato rispetto agli altri paesi europei”. Le tasse climatiche dovrebbero inoltre a suo avviso essere internazionali e non locali, tanto più che un aereo rimane nello spazio aereo elvetico solo per 5-20 minuti.

L’aviazione d’affari svizzera sta intensificando i suoi sforzi per allontanarsi dai combustibili fossili, lavorando con Climeworks, uno spin-off del Politecnico federale di Zurigo. Si punta fra l’altro a un cherosene sintetico che emette al massimo il 20% di CO2.

Il Covid-19 ha colpito duramente il settore. Da aprile in poi tutti i voli prenotati sono stati improvvisamente cancellati e gli aerei sono stati bloccati a terra. Il mercato è crollato di circa il 90%. All’inizio della pandemia la Svizzera, come quasi tutti i paesi del mondo, ha chiuso le frontiere e anche i jet d’affari potevano volare solo in modo molto selettivo. I voli che sono stati effettuati hanno comportato sempre la necessità di procedere a molti chiarimenti e ad oneri procedurali di approvazione, spesso possibili solo con il supporto diplomatico.

Un certo ritorno alla normalità potrebbe essere raggiunto già nel 2021, ma solo con la ripresa dell’economia globale. “Temo che il danno collaterale provocato dal confinamento sia immenso e che porterà ad aggiustamenti nel settore”, conclude Niedhart. Awp ha contattato anche altre due aziende elvetiche del ramo, che non hanno però voluto prendere posizione sul tema.

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