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Rapporto annuale Amnesty: Svizzera criticata per rinvii disumani

I vertici di Amnesty presentano a Washington il rapporto annuale KEYSTONE/AP/LUIS ALONSO LUGO sda-ats

(Keystone-ATS) Il mondo subisce le spaventose conseguenze di una retorica dell’odio. È l’allarme lanciato da Amnesty International (AI) nel suo Rapporto annuale 2017/18 relativo alla situazione dei diritti umani nel mondo. Anche la Svizzera è criticata.

A Berna si contestano in particolare i rinvii di richiedenti asilo in condizioni disumane in altri paesi, in nome del regolamento Dublino, e per la non conformità di certe iniziative popolari con il diritto internazionale.

Il bilancio di Amnesty International è effettuato su 159 paesi e offre l’analisi più completa dell’attuale stato dei diritti fondamentali nel mondo.

“Durante tutto il 2017 – si legge nell’introduzione del rapporto – milioni di persone nel mondo hanno sperimentato i frutti amari delle sempre più diffuse politiche di demonizzazione, le cui estreme conseguenze sono state messe a nudo dall’orribile campagna militare di pulizia etnica contro la popolazione rohingya in Myanmar (Birmania ndr), che in poche settimane ha causato un esodo di circa 650’000 persone verso il vicino Bangladesh, la crisi dei rifugiati esplosa più velocemente del 2017”.

Inoltre, indica Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International “la decisione presa in gennaio dal governo degli Stati Uniti di vietare l’entrata sul territorio nazionale alle persone provenienti da diversi paesi a maggioranza musulmana, azione con un chiaro carattere discriminatorio, ha dato il tono per un anno durante il quale i dirigenti hanno condotto una politica dell’odio dalle conseguenze nefaste”.

“Lo spettro dell’odio e della paura hanno un grande impatto sulle questioni internazionali, e pochi governi difendono i diritti umani in questi tempi di grandi instabilità. Questo significa che dirigenti quali Abdel Fattah al Sissi, Rodrigo Duterte, Nicolás Maduro, Vladimir Putin, Donald Trump e Xi Jinping stanno violando i diritti di milioni di persone”, sostiene Shetty.

Svizzera: rinvii sotto accusa

Per quanto riguarda la Svizzera, Amnesty International punta il dito contro le autorità che hanno rimandato diversi richiedenti asilo in altri Stati membri dell’area Schengen applicando il regolamento Dublino III (una normativa comunitaria che stabilisce quale sia il Paese membro dell’Ue responsabile di una richiesta di asilo) ma senza tenere in considerazione i loro legami familiari in Svizzera come stabilito dalle convenzioni internazionali.

In aprile il Tribunale federale ha ritenuto che la detenzione di due genitori afghani con il loro neonato e la collocazione degli altri tre figli in un orfanotrofio, nel 2016, con l’obiettivo di rinviare tutta la famiglia in Norvegia, costituisse una violazione sproporzionata del diritto alla vita famigliare.

In ottobre il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha esortato la Svizzera a migliorare l’identificazione e la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo più vulnerabili, e a tenere in considerazione i bisogni delle donne e dei bambini in ogni sua decisione e misura attuata nel campo della migrazione e dell’asilo. Richiedenti asilo minorenni, ospitati nei centri federali di accoglienza hanno continuato a vedersi negato l’accesso all’istruzione.

In diversi casi, la Corte europea dei diritti umani e il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura hanno stabilito che il rimpatrio di persone le cui richieste di asilo erano state respinte o di migranti irregolari in Sri Lanka, Sudan e Turchia violava il “principio di non refoulement” (rinvio forzato di persone in un Paese in cui rischiano gravi violazioni dei diritti umani). Inoltre sono perdurate le preoccupazioni per l’uso sproporzionato della forza durante l’espulsione dei migranti.

Il Rapporto annuale rileva anche che la Svizzera, in un disegno preliminare di legge, ha proposto limitazioni sproporzionate alla libertà di movimento nell’ambito dell’adozione di nuove misure anti-terrorismo.

Preoccupazione è stata inoltre espressa in agosto dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite in merito all'”iniziativa per l’autodeterminazione” che vuol far prevalere la Costituzione federale sui trattati internazionali. “È urgente che la Svizzera metta in atto un meccanismo di controllo per vigilare affinché le iniziative siano conformi al diritto internazionale relativo ai diritti umani prima di venir sottoposte al voto popolare”, afferma Manon Schick, direttrice di AI Svizzera.

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