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La Svizzera bifronte: elogio degli inadeguati

Redazione Swissinfo

Una Svizzera a due facce. Il paradosso è sorprendente. C‘è una Svizzera da cartolina, in testa alle principali classifiche internazionali sulla ricchezza, l‘innovazione, il successo economico, la produttività, la felicità. E poi c‘è un‘altra Svizzera, spesso e volentieri dimenticata. Quella che fatica ad arrivare alla fine del mese. O che sopravvive grazie a un sistema che tende a celare l‘insuccesso piuttosto che a favorire il reinserimento. Sono gli inadeguati, una categoria che non cessa di crescere.

Inadeguati perché le loro prestazioni non bastano, in un sistema di concorrenza spietata. La Svizzera che ha successo è per loro inaccessibile. Le loro prospettive sono negative. Molto negative. Inadeguati perché, loro malgrado, hanno fallito, magari anche una sola volta. E in Svizzera non c‘è spazio per il fallimento. Domandatelo a chi ha voluto rispondere alle esigenze di una Svizzera all‘avanguardia nell‘innovazione e ha tentato di mettere in piedi una propria attività.

La legge del mercato è implacabile nelle nostre valli dai paesaggi sontuosi. Creare un‘azienda, non riuscire a pagare le fatture perché gli oneri sono sempre più elevati e i salari sempre uguali, accumulare i precetti esecutivi, poi gli atti di carenza beni: è la quotidianità di un numero crescente di nostri concittadini. E l‘ingranaggio del fallimento in Svizzera non perdona. Il fallimento è punito severamente. Bisogna ricordare agli altri il prezzo del successo del nostro paese e per questo chi fallisce deve servire da monito.

“Quando si finisce nel triste elenco degli inadeguati, non c‘è nessuna compassione, non c‘è nessuna rimessa in questione del nostro modello di società”

Allora si infliggono pene doppie. Si indebitano, ricevono dei precetti esecutivi? Non importa che riescano a saldare i loro debiti: essi rimarranno iscritti per cinque anni nell‘estratto del registro delle esecuzioni tenuto dall’amministrazione cantonale. A meno che il debitore non riesca a ottenere dal creditore la cancellazione una volta che il debito è estinto. Ma dipende solo dalla volontà del creditore e se non si vogliono sprecare energie nella procedura di cancellazione, l‘iscrizione rimane. Chi ha fallito è segnato con il dito. Per trovare un alloggio, occorre presentare un estratto del suddetto registro.

E che importa se hanno saldato tutti i debiti? Se hanno più o meno risanato le loro finanze? Restano delle tracce. Un sospetto. Durante cinque anni, il fallimento non è permesso. Nell‘intervallo, ogni nuovo precetto esecutivo prolungherà il termine di altri cinque anni. Circolo vizioso. E i residenti non tutti uguali: chiedere la naturalizzazione quando si hanno i debiti è una cosa che alla Svizzera non piace. Conosco qualcuno che vive nel paese da decenni, ha sempre pagato le imposte fino all‘ultimo centesimo, ma ha avuto la sfortuna di fare fallimento. Anche se rimborsa i suoi creditori ogni mese senza mai mancare al suo dovere, il passaporto svizzero gli è precluso. Eccolo inadeguato, perché rappresenta quella Svizzera che si preferisce nascondere.

A Ginevra, quasi un terzo dei contribuenti non riesce a pagare le imposte. La cifra è in aumento. Anche il ricorso all‘assistenza sociale aumenta. Quasi un terzo degli svizzero-francesi non va dal dentista a causa dei costi. Un terzo riceve sovvenzioni dallo Stato per pagare i premi dell’assicurazione malattia, in parte o completamente. Sono sempre più numerosi i pensionati che se ne vanno in esilio fuori dalla Svizzera, senza dubbio perché la pensione non permette loro di vivere dignitosamente in Svizzera.

Ma alle nostre latitudini, questi indicatori non suscitano grandi dibattiti sulla sostenibilità a lungo termine del sistema. Anzi, al contrario. Quando si finisce nel triste elenco degli inadeguati, non c‘è nessuna compassione, non c‘è nessuna rimessa in questione del nostro modello di società. È permesso solo il sospetto. Chi deve chiedere aiuto allo Stato, quindi alla collettività, è considerato a priori un potenziale scroccone. Riconoscerle prima di tutto come persone realmente in difficoltà significherebbe riconoscere le falle del nostro sistema. E per questo non c‘è posto.

Autodidatta, lanciatosi nel giornalismo senza aver seguito un curriculum universitario tradizionale, Grégoire Barbey è un giornalista freelance. Ha lavorato per quattro anni per il giornale economico L‘Agefi ed è stato anche cronista a La Télé, canale privato vodese-friburghese. Appassionato di politica, è molto attivo a Ginevra e nelle reti sociali.

Allora si portano alle stelle i politici che osano attaccare frontalmente la gentaglia che sopravvive grazie ai fondi pubblici. Non siete adatti al mercato del lavoro? Perdete l‘impiego e dovete ricorrere alla disoccupazione? Si farà di tutto per farvi vergognare. Bisogna terrorizzare chi si trova ai margini per farli rientrare nei ranghi. Fallire in Svizzera non è un comportamento adeguato. Allora ecco che chi ha perso tutto è istantaneamente relegato allo statuto di potenziale responsabile di abusi ai danni dei beni della collettività, profittatore del sistema, assistito della prima ora.

Recentemente una certa stampa gioiva di un consigliere di Stato dell‘UDC che, a Berna, ha deciso di tagliare del 10% il forfait dell‘assistenza sociale per investire nella reintegrazione nel mercato del lavoro. Ecco che chi è nel bisogno è doppiamente punito. Lo stesso giornale che incensava il coraggio del ministro rivelava che il periodo medio passato all‘assistenza sociale sta diventando più lungo. Oggi è di 40 mesi e i beneficiari sono soprattutto giovani tra i 18 e i 25 anni.

Cifre evidentemente inquietanti, che mostrano quanto il mercato del lavoro sia spietato. È questo l‘avvenire che ci auguriamo per i nostri figli? Eppure tutti questi elementi non riescono a rimettere in questione il sistema nel suo complesso. Allora questi inadeguati, che sono il terzo incomodo della società svizzera, servono alla politica da capro espiatorio.

Una lode a queste persone che con un ginocchio a terra sono vittime delle frustate di una società che si rifiuta di guardarli negli occhi. Questi inadeguati ci ricordano quanto la lotta per una società più giusta rimanga necessaria.

Questo articolo, nella versione originale in francese, è stato pubblicato per la prima volta il 9 luglio 2017 sul blog di Grégoire BarbeyCollegamento esterno, ospitato dal quotidiano Le Temps.  Le opinioni espresse sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di swissinfo.ch.

Traduzione dal francese, Andrea Tognina

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