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Fed: lascia fermi tassi fra l’1,00% e l’1,25%

La Fed lascia fermi i tassi fra l'1,00% e l'1,25% (foto d'archivio) Keystone/AP/PABLO MARTINEZ MONSIVAIS sda-ats

(Keystone-ATS) La Fed volta pagina e mette definitivamente la parola fine al quantitative easing, lasciando aperta la porta a un nuovo rialzo dei tassi di interesse entro l’anno.

A partire da ottobre prende il via il processo di normalizzazione di bilancio: un processo “graduale e prevedibile”, annuncia la presidente della Fed Janet Yellen cercando di rassicurare.

Anche se la mossa era ampiamente attesa e digerita, Wall Street gira subito in territorio negativo, intravedendo la fine di un’era. Le piazze europee hanno chiuso la seduta nel segno della debolezza e dell’incertezza sulle decisioni della Fed. L’euro si è invece apprezzato, tornando sopra 1,20 dollari. In salita anche l’oro, bene rifugio per eccellenza.

La normalizzazione del bilancio avverrà a piccoli passi: 10 miliardi di dollari al mese, di cui 6 miliardi di Treausury e 4 miliardi di titoli legati ai muti, che saranno lasciati scadere senza reinvestimenti. “Siamo pronti a iniziare di nuovo i reinvestimenti in presenza di un deterioramento materiale” mette in evidenza Yellen, spiegando la storica decisione della Fed.

Il bilancio della Fed è quasi quadruplicato con la crisi finanziaria, arrivando a toccare i 4.500 miliardi di dollari con le misure straordinarie a sostegno dell’economia.

Mostrandosi relativamente ottimista sullo stato dell’economia, la Fed intravede un nuovo – il terzo – aumento dei tassi di interesse entro l’anno: il 2017 dovrebbe infatti chiudersi con tassi fra l’1,25% e l’1,50%. L’attività economica “cresce a una velocità moderata. Il mercato del lavoro si è rafforzato ulteriormente”, dice la Fed smorzando i timori sull’impatto degli uragani Harvey e Irma sull’economia: si faranno sentire nel breve termine, ma le esperienze passate mostrano come gli “uragani difficilmente sono in grado di cambiare il corso dell’economia”. Un fronte sul quale resta ancora da fare è quello dell’inflazione: il raggiungimento dell’obiettivo del 2% slitta al 2019, certificando le difficoltà della Fed a stimolare i prezzi.

La svolta della Fed sul quantitative easing arriva al termine di quella che è l’ultima riunione del vice presidente della banca centrale americana, Stanley Fisher, dimessosi per motivi personali. Un’uscita che concede al presidente americano, Donald Trump, la possibilità di ridisegnare quasi interamente la Fed, dovendo scegliere anche il presidente entro febbraio, quando scade il mandato di Yellen.

La Bce guarda all’annuncio sulla normalizzazione del bilancio della Fed. L’Eurotower è impegnata in un dibattito su come procedere e quando avviare il tapering, in un contesto di rafforzamento dell’economia. Secondo le stime dell’Istat il Pil dell’area euro è previsto crescere nel terzo e quarto trimestre dell’anno dello 0,6%, per poi rallentare a +0,5% nel primo trimestre.

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