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Gli shock globali scuotono anche la politica svizzera

Claude Longchamp a mezzo busto e sullo sfondo il Palazzo federale a Berna.
swissinfo.ch

Un’onda verde, più donne e un centro più forte sono stati gli aspetti dominanti delle elezioni parlamentari dello scorso 20 ottobre.  Ma non va neppure dimenticata un’importante dimensione storica e globale emersa da questo scrutinio.

Dagli anni ’90 le elezioni federali hanno portato ad una crescente bipolarizzazione. L’UDC, a destra, il PS e i Verdi, a sinistra, hanno aumentato simultaneamente o alternativamente il loro elettorato, a scapito dei partiti del centro. I poli hanno così creato una sempre maggiore divisione dello scacchiere politico.

L’autore

Claude Longchamp è uno dei politologi e analisti più noti e autorevoli della Svizzera.

Ha fondato l’Istituto di ricerca gfs.bernCollegamento esterno, che ha diretto fino al suo pensionamento e di cui attualmente presiede il consiglio di amministrazione. Per trent’anni Longchamp ha analizzato e commentato le votazioni e le elezioni per la Radiotelevisione di lingua tedesca SRF.

Per swissinfo.ch e per la sua piattaforma sulla democrazia #DearDemocracy, Longchamp scrive ogni mese un testo sulle elezioni federali 2019.

Il politologo e storico è autore di due blog: uno incentrato su temi politici, Zoonpoliticon, l’altro su argomenti di carattere storico Stadtwanderer.

Questa volta sia l’UDC che il PS hanno perso parecchi voti. È nuovamente calato anche il PLR e, in misura minore, il PPD. Si è così ridotta la loro forza elettorale. Due partiti non governativi, i Verdi e i Verdi liberali, hanno invece conquistato nuovi suffragi. Nel complesso, queste sono state le elezioni più volatili dall’introduzione del sistema di voto proporzionale nel 1919.

Il contrasto appare ancora più evidente valutando il voto in base alle classi di età. Il 21% degli elettori di meno di 25 anni ha sostenuto i Verdi e il 14% i Verdi liberali. I quattro partiti di governo hanno ottenuto appena la metà dei voti degli elettori più giovani.

La situazione è inversa presso gli elettori pensionati. I partiti di governo continuano a dominare presso questo elettorato, raccogliendo più di tre quarti dei voti.

Tendenza europea

Questo modello non sorprende paragonando l’evoluzione in corso in Svizzera con quella degli altri paesi europei. Dalla crisi dei mercati finanziari globali del 2007/08 gli schieramenti di opposizione hanno guadagnato terreno, spingendo sulla difensiva i partiti con responsabilità di governo.

Nelle elezioni europee del 2019, i cristiano-democratici e i socialdemocratici hanno perso voti, mentre i centristi europei, i Verdi e i populisti di destra hanno conquistato nuove fette di elettorato. E anche qui: i partiti tradizionali non hanno sedotto i giovani che sostengono soprattutto le nuove forze politiche emergenti.   

Questo modello di analisi delle elezioni non è del tutto nuovo, nemmeno per la Svizzera, come dimostra la storia elettorale. I maggiori sconvolgimenti nel panorama partitico si sono verificati negli anni 1935, 2011 e 2019. In questi anni elettorali, rispettivamente, più del 13, 15 e 17% dei seggi del Consiglio nazionale hanno cambiato partito, segnando dei record.

Crisi economica mondiale e conseguenze sociali

La crisi economica mondiale del 1929 ha avuto un impatto sullo sconvolgimento elettorale del 1935. Il calo della produzione economica e l’aumento della disoccupazione e delle difficoltà sociali costituirono un terreno fertile per il successo di nuovi partiti, tra cui i nazionalsocialisti in Germania.

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L’ondata verde entra nel Parlamento svizzero

Questo contenuto è stato pubblicato al I Verdi conquistano una vittoria di dimensioni storiche. Forte progressione anche per i Verdi liberali. In calo UDC, PS, PLR e PPD.

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In Svizzera, tutti i quattro grandi partiti persero voti nelle elezioni del 1935. A subire il maggior calo di consensi fu il PLR, davanti al PAB (oggi UDC) e ai CC (oggi PPD). Anche i socialisti, diventati il maggiore partito dal 1931, dovettero cedere una parte del loro elettorato.

Tra i vincitori vi furono invece l’Anello degli indipendenti, i Giovani contadini e i Frontisti di estrema destra.

Si aprì così un acceso dibattito su una nuova ripartizione dei seggi di governo. Il risultato fu il primo passo verso la “formula magica” con quattro partiti di governo stabili, che contraddistinse per quasi mezzo secolo la politica svizzera.

Brusca rinuncia all’energia nucleare

Un secondo shock analogo si produsse nel 2011, in seguito alla catastrofe nucleare di Fukushima, in Giappone. In seguito a questo incidente apparve evidente che l’energia nucleare aveva fatto ormai il suo tempo.

Anche in Svizzera si rafforzarono le richieste per una fine dell’era atomica. Il Consiglio federale prese in mano il dossier, proponendo una nuova politica energetica. A dettare la rinuncia a nuovi impianti nucleari furono le quattro donne in governo – per la prima volta il Consiglio federale aveva allora una maggioranza di rappresentanti femminili.

Nell’autunno 2011, tuttavia, tutti i partiti presenti in governo uscirono indeboliti dalle elezioni. A perdere più voti fu il PLR, che aveva preferito non adottare una posizione chiara sulla questione dell’energia nucleare. A cedere meno suffragi fu il PS.  

Anche in questo caso, i vincitori furono dei partiti emergenti: il PBD, presente per la prima volta alle elezioni nazionali nel 2011, e i Verdi liberali, in lizza per la seconda volta. Entrambi ottennero oltre il 5% dei voti.

I partiti

UDC: Unione democratica di centro (destra conservatrice)

PS: Partito socialista (sinistra)

PLR.: Partito liberale radicale (destra liberale)

PPD: Partito popolare democratico (centro destra)

PES: Partito ecologista svizzero, I Verdi (sinistra)

PVL: Partito dei Verdi liberali (centro)

PBD: Partito borghese democratico (centro)

Cambiamenti climatici sottovalutati

La terza grande scossa elettorale si è verificata quest’anno. Al più tardi con le elezioni cantonali di Zurigo era emerso che si preannunciavano grandi cambiamenti per le elezioni federali del 20 ottobre. I Verdi liberali, ma anche i Verdi, avevano conquistato molti nuovi consensi nel cantone più popoloso. L’UDC, il PLR e il PS erano in calo.   

Il motivo era ovvio: la protesta per le strade contro l’omessa politica per far fronte ai cambiamenti climatici aveva raggiunto il suo primo culmine in primavera con gli scioperi e le manifestazioni dei giovani per le strade.

L’UDC ha poi registrato perdite record alle elezioni federali. Tra i perdenti vi sono stati anche gli altri tre partiti di governo, PS, PLR e PPD. Da parte loro, i Verdi hanno conseguito una progressione di dimensioni storiche e Verdi liberali figurano pure tra i grandi vincitori.

Shock globali e stabilità politica in Svizzera

Cosa ci insegna tutto questo? All’inizio di tutti i grandi sconvolgimenti del panorama politico svizzero vi sono crisi economiche, tecnologiche e ambientali globali. Hanno un impatto sulle elezioni svizzere perché il nostro paese, dato il suo posizionamento nel mercato globale, non è un contenitore che può essere chiuso ermeticamente.

È evidente che gli intervalli tra una scossa e l’altra si accorciano. I grandi sconvolgimenti non sono più così eccezionali. Piuttosto, potrebbero diventare quasi la regola.

Ciò pesa sulla stabilità del sistema politico. Il panorama dei partiti è in fase di trasformazione. La rappresentanza dei partner sociali in parlamento è oggetto di critiche.

Tutto questo non rimarrà senza conseguenze per il sistema di governo. Le formule magiche per il Consiglio federale sono concepite per il lungo termine e per un panorama politico stabile con partiti consolidati e rappresentanti d’interessi riconosciuti.  

Entrambe le cose sono rimesse in discussione come mai prima d’ora negli ultimi 100 anni. Questo costituisce la sfida centrale che emerge dalle elezioni del 2019!

Traduzione di Armando Mombelli

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