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Come impedire l’impiego di “robot assassini”?

An example of a Lethal Autonomous Weapons System (LAWS) - better known as a killer robot
Un modello di "robot assassino", i sistemi autonomi di armi letali che vengono sviluppati da alcuni anni da diversi Stati. darpa.mil

A Ginevra i rappresentanti di oltre 120 Stati membri delle Nazioni Unite si riuniscono per discutere dei nuovi sistemi autonomi di armi letali. Secondo gli esperti, i cosiddetti “robot assassini” dovrebbero venir sottoposti a un controllo umano. 

Gli attivisti che cercano di persuadere i membri delle Nazioni unite a vietare i robot assassini dicono di essere cautamente ottimisti riguardo ai colloqui ufficiali sul futuro dei sistemi autonomi di armi letali (LAWS), in programma dal 13 al 17 aprile al Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra. 

I dibattiti sono iniziati nel 2014. Da allora, diplomatici, esperti in materia di disarmo e organizzazioni della società civile si sono riuniti cinque volte nel quadro della Convenzione su alcune armi convenzionali (CCW)Collegamento esterno per valutare le molteplici sfide etiche, giuridiche, operative e tecniche di tali sistemi. 

Posizione della Svizzera 

Il governo svizzero è scettico su un divieto preventivo in questa fase, ma sostiene misure pratiche e, se necessario, normative volte a impedire l’uso di sistemi autonomi di armi letali che violerebbero il diritto internazionale. L’anno scorso la delegazione elvetica ha presentato un documento di lavoro intitolato “Approccio basato sulla conformità ai sistemi autonomi di armi letali”Collegamento esterno che riafferma l’importanza del diritto internazionale. 

Sabrina Dallafior, ambasciatrice svizzera presso l’ONU responsabile del disarmo, ha recentemente dichiarato alla televisione svizzera SRF: “In ultima analisi, in termini di armi autonome, dobbiamo decidere se possiamo delegare a una macchina la decisione della vita o della morte. Dobbiamo concordare su quanta autonomia sia accettabile o inammissibile. L’autonomia accettabile o auspicabile potrebbe includere armi così precise da non provocare danni collaterali o vittime civili”. 

L’anno scorso, i parlamentari elvetici Chantal Galladé e Beat Flach hanno invitato il governo a esigere un divieto dei LAWS. Il Consiglio federale ha respinto entrambe le richieste, sostenendo di nutrire “riserve” in merito a un divieto. Didier Burkhalter, allora ministro degli affari esteri, ha dichiarato al parlamento che “tutte le questioni dovrebbero essere chiarite” nel quadro della CCW prima di decidere su un eventuale divieto”. 

La maggior parte degli Stati riconosce che sono necessarie delle azioni per regolamentare o vietare l’impiego dei robot assassini, ma sussistono divergenze per quanto riguarda le misure da adottare. Mentre quasi tutti concordano sul fatto che il diritto internazionale debba applicarsi al futuro sviluppo dei sistemi autonomi di armi letali, non esiste ancora un accordo comune sulla definizione esatta di un robot assassino o sul meccanismo con cui debba essere esercitato un “controllo umano” su tali sistemi.

Numerosi paesi si sono impegnati a non acquisire o sviluppare LAWS e 22 Stati si sono dichiarati favorevoli a un divieto preventivo. Nel frattempo, gli attivisti avvertono che paesi come gli Stati Uniti, Cina, Israele, Corea del Sud, Russia e Gran Bretagna stanno sviluppando droni armati e altri sistemi autonomi di armi con livelli decrescenti di controllo umano. 

La direzione giusta 

Prima della riunione di Ginevra, gli attivisti hanno detto che i colloqui sui robot assassini sembrano andare nella giusta direzione. 

“Stiamo chiaramente passando da un dibattito tecnocratico a un dibattito politico”, ha dichiarato Maya Brehm, della sezione svizzera di Article 36Collegamento esterno, un’organizzazione non governativa che lavora per prevenire la proliferazione delle armi. 

Mary Wareham, che coordina la Campagna per fermare i robot killerCollegamento esterno, ha indicato che gli attivisti erano “cautamente ottimisti” sui progressi. La campagna comprende organizzazioni che hanno partecipato, con successo, all’azione internazionale lanciata contro le bombe a grappolo e le mine terrestri. 

“Agli occhi dei promotori della campagna, permettere a una macchina di sopprimere una vita umana sul campo di battaglia è un passo che va troppo lontano, oltre una linea morale che non dovrebbe mai essere superata. Penso che molti governi condividano questo modo di vedere”, ha dichiarato Mary Wareham. 

Non sono previste decisioni formali in materia di LAWS né corso della riunione di questa settimana, né nella seguente prevista per il mese di agosto. L’obiettivo di quest’anno è di presentare una proposta sulla via da seguire che potrebbe essere adottata in una riunione della CCW del 21-23 novembre. 

Secondo gli attivisti, con un’adeguata volontà politica e uno sforzo coordinato, entro la fine del 2019 potrebbe essere negoziato un trattato internazionale che vieti lo sviluppo, la produzione e l’uso di robot killer. 

Leadership svizzera? 

Se un accordo non potrà essere raggiunto nel quadro della CCW, si dovrebbero esplorare altre opzioni diplomatiche, avvertono gli attivisti. Tra cui quella di affidare uno ruolo guida ad uno Stato per portare avanti il dossier, come è stato il caso del Canada nell’ambito del movimento contro le mine antiuomo negli anni ’90 o della Norvegia nella lotta contro le munizioni a grappolo nei primi anni 2000. 

Chi potrebbe assumere un simile ruolo nei colloqui sui sistemi autonomi di armi letali? Forse la Svizzera, si chiede Mary Wareham. 

“Ci sono parlamentari che si interessano di questo tema… La Svizzera è molto impegnata in questo sforzo diplomatico e si interroga sul rispetto del diritto internazionale umanitario. Sappiamo per esperienza che la Svizzera è un buon attore nel cercare di risolvere le questioni internazionali in base ai principi. Le dimensioni paese non dovrebbero avere importanza quando si tratta di multilateralismo e di guidare un ampio gruppo di Stati”, sottolinea la coordinatrice della campagna contro i robot assassini.


Traduzione di Armando Mombelli

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